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lunedì 25 ottobre 2010

Seneca - De Vita Beata XVII - Il sapiente e la ricchezza

Seneca - De Vita Beata
XVII - Il sapiente e la ricchezza
Si quis itaque ex istis qui philosophiam conlatrant quod solent dixerit: "Quare ergo tu fortius loqueris quam uiuis? Quare et superiori uerba summittis et pecuniam necessarium tibi instrumentum existimas et damno moueris et lacrimas audita coniugis aut amici morte demittis et respicis famam et malignis sermonibus tangeris? Quare cultius rus tibi est quam naturalis usus desiderat? Cur non ad praescriptum tuum cenas? Cur tibi nitidior supellex est? Cur apud te uinum aetate tua uetustius bibitur? Cur aurum disponitur? Cur arbores nihil praeter umbram daturae conseruntur? Quare uxor tua locupletis domus censum auribus gerit? Quare paedagogium pretiosa ueste succingitur? Quare ars est apud te ministrare nec temere et ut libet conlocatur argentum sed perite struitur et est aliquis scindendi obsonii magister?". Adice si uis: "Cur trans mare possides? Cur plura quam nosti? turpiter aut tam neglegens es ut non noueris pauculos seruos aut tam luxuriosus ut plures habeas quam quorum notitiae memoria sufficiat?". Adiuuabo postmodo conuicia et plura mihi quam putas obiciam, nunc hoc respondeo tibi: non sum sapiens et, ut maliuolentiam tuam pascam, nec ero. Exige itaque a me, non ut optimis par sim, sed ut malis melior: hoc mihi satis est, cotidie aliquid ex uitiis meis demere et errores meos obiurgare. Non perueni ad sanitatem, ne perueniam quidem; delenimenta magis quam remedia podagrae meae compono, contentus si rarius accedit et si minus uerminatur: uestris quidem pedibus comparatus, debiles, cursor sum. Haec non pro me loquor ( ego enim in alto uitiorum omnium sum) sed pro illo cui aliquid acti est.

Mettiamo che qualcuno tra costoro che vituperano la filosofia farà la solita obiezione: "Perché parli più valorosamente di quanto vivi? Perché abbassi la voce davanti ai superiori e ritieni le ricchezze strumento per te necessario e a motivo di una perdita sei afflitto e verso lacrime alla notizia della morte del coniuge o di un amico e fai gran conto dell'opinione altrui e sei punto da parole malevole? Perché hai un podere coltivato più di quanto richieda la tua esigenza naturale? Perché non mangi secondo le regole che predichi? Perché hai suppellettili così splendenti? Perché da te si beve un vino vecchio più di sessant'anni? Perché si coltivano alberi destinata a non dare altro che ombra? Perché tua moglie porta alle orecchie un patrimonio (di una casa ricca)? Perché i paggi indossano vesti preziose? Perché da te servire a tavole è un'arte e il vasellame d'argento è esposto non alla buona come capita ma studiosamente ma c'è tanto di maestro addetto a tagliare le vivande". Aggiungi, se vuoi: "Perché hai possedimenti oltremare? Perché ne hai più di quanti conosci? Che vergogna è questa di essere tanto negligente da non conoscere il nome dei tuoi servi, o tanto fastoso da averne più di quanti tu possa ricordarne il nome?". Mi assocerò tra poco a questi rimbrotti e ne presenterò più di quanti credi, ora ti risponderò così: non sono un saggio e, per alimentare la tua ostilità, non lo sarò. Non pretendere da me che io sia al pari dei migliori, ma il migliore del malvagi: questo mi basta, eliminare ogni giorno un po' dei miei vizi e castigare i miei errori. Non ho raggiunto la guarigione né la raggiungerò; dispongo per la mia podagra più di rimedi lenitivi che curativi, contento, se la malattia ha accessi meno frequenti e dà meno prurito: a paragone dei vostri piedi, seppur fiacco, sono un corridore. Dico questo non per me (io sono nel profondo di tutti i miei vizi), ma per colui che ha fatto qualcosa.

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