La crisi di fine secolo
Durante il governo di Di Rudinì destò scalpore l’articolo di Sonnino “Torniamo allo statuto”, che diceva di dar meno importanza al parlamento, e che il governo era responsabile solo nei riguardi del sovrano, non del parlamento.
Un altro problema era la necessità dei cattolici a partecipare alla vita politica italiana.
Tra il 1897-1898 scoppiarono a Milano rivolte per il prezzo del pane: Di Rudinì mando il generale Bava Beccaris, che le represse nel sangue, e che fu addirittura insignito di medaglia. Fu scandalo e Di Rudinì si dimise.
Salì così al potere Pelloux che abolisce le leggi di Crispi (libertà di stampa, associazione, pensiero). Ma in parlamento le leggi liberticide non passano grazie all’ostruzionismo dell’opposizione, la quale si prende il consenso dell’opinione pubblica. Nelle elezioni del 1900 vista la sconfitta Pelloux si dimette e sale Saracco.
Nel frattempo viene ucciso il re Umberto I dall’anarchico Bresci che voleva vendicare i morti di Milano. Sale al trono Vittorio Emanuele III. A Genova viene sciolta la camera del lavoro, ma Saracco revoca lo scioglimento e si dimette. Il re affida il governo a Zanardelli che prende con sé Giolitti.
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