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sabato 16 ottobre 2010

Confronto fra Dante e Petrarca

Confronto fra Dante e Petrarca in base ai sonetti “Tanto gentile e tanto onesta pare” (Vita nuova) e “Erano i capei d’oro a l’aura sparsi” (Canzoniere)

Analogie fra i due testi:

In entrambi i testi è presente una descrizione fisica della donna; molto marginale in Dante, prevalente in Petrarca. Dante descrive lo sguardo, l’andatura e il saluto di Beatrice, Petrarca attacca con una descrizione dei capelli di Laura e prosegue descrivendone la luce degli occhi e rilevando come con il tempo essa stia diminuendo, le espressioni del viso che sembrano dimostrare attenzione per ciò che il poeta prova. Nelle due terzine Petrarca descrive l’incedere e la voce di Laura come fenomeni celestiali, e non terreni, e sembra quindi avvicinarsi alla corrente dello Stil Novo a cui appartiene Dante distaccandovisi poi con gli ultimi due versi nei quali, ribadendo l’azione del tempo sulla bellezza di Laura, si conferma però l’intensità dell’amore nei suoi confronti: il poeta parla addirittura di una ferita, quindi di un aspetto fisico, riguardante il corpo, che non si rimargina.

In Dante, invece, vediamo che gli aggettivi che egli attribuisce all’amata sono perlopiù riferiti alla spiritualità di Beatrice: “gentile” e “onesta” (v. 1), “benignamente d’umiltà vestuta” (v. 6), “piacente” (v. 9), “spirito soave pien d’amore” (v. 13). Questa componente spirituale è esplicitamente sottolineata dal poeta quando nei versi 7 e 8 scrive: “e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare.”. Dante, a differenza di Petrarca che descrive gli effetti che Laura produce su di lui, rileva gli effetti che Beatrice produce sulle persone che incontra o che saluta: “ch’ogne lingua deven tremando muta, e li occhi no l’ardiscon di guardare” (vv. 3 e 4), “sentendosi laudare” (v. 5), una lode che in lei non produce superbia, poiché è umile.

I testi sono entrambi sonetti, composti quindi da due quartine e due terzine di versi endecasillabi. Le rime sono incrociate (ABBA) nelle quartine mentre differiscono nell’ultima terzina.

Differenze fra i due testi:

Un’altra differenza oltre a quelle già evidenziate, riguarda l’uso del tempo. Dante usa infatti il presente, rilevando una visione atemporale, mentre Petrarca fa uso sia del presente che del passato: questo sta a significare che per Petrarca il tempo ha un valore e che egli si accorge dei mutamenti della realtà in relazione al tempo. Petrarca inoltre descrive i sentimenti provati nel corso del tempo, mentre Dante registra l’inadeguatezza delle parole a descrivere l’eccezionalità della presenza di Beatrice e degli effetti che produce: “Mostrasi sì piacente a chi la mira, che dà per li occhi una dolcezza al core, che ‘ntender no la può chi non la prova” (vv. 9, 10 e 11).

Contestualizzazione:

Le differenze riscontrate fra i due testi sono dovute alla forte appartenenza di Dante, nato nel 1265 e morto nel 1321, al Medioevo e allo stilnovismo, per cui vi era radicata in lui la convinzione che ogni verità fosse assoluta, indipendente dallo spazio e dal tempo. Dante infatti era fortemente ancorato ai valori religiosi, questo si vede dal fatto che considera Beatrice una creatura angelica, il cui amore lo porterà all’elevazione spirituale. Petrarca, nato nel 1304 e morto nel 1374, è invece considerato uno dei precursori dell’Umanesimo, insieme a Boccaccio. Egli è il poeta del contrasto: eternamente combattuto fra il dare importanza al lato fisico, al desiderio che lui prova nei confronti di Laura e dei vari aspetti della vita terrena – l’aria, l’oro, l’alloro, ricordati dal nome Laura - e il seguire l’esempio di Dante, nel ricercare esclusivamente la propria elevazione spirituale, in accezione strettamente religiosa.

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