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domenica 10 ottobre 2010

L’affare Dreyfus

L’affare Dreyfus


Alcuni elementi avevano dato vita a teorie di razze superiori e inferiori, primo fra tutti la posizione egemonica che l’Europa aveva assunto nella storia degli ultimi secoli.
I primi autori che si espressero con queste opinioni furono Arthur de Gobineau (“Sull’ineguaglianza delle razze”) e H.S. Chamberlain (“Fondamenti del XIX secolo”).
Chamberlain stesso poi identificava la razza germanica come migliore dei suoi tempi, destinata ad espandersi nel corso del Novecento.
C’era però anche chi andava contro queste tesi, come Friedrich Meinecke, che scrisse un’opera liberale, “Cosmopolitismo e stato nazionale”.
Nel frattempo nel mondo la conflittualità tra le potenze europee stava prendendo il potere ed il lungo periodo di pace era destinato ad essere interrotto.
Infatti sia a causa delle rivolte socialiste sedate nel sangue, sia per le guerre coloniali, le teorie razziste non erano altro che una manifestazione del disagio crescente europeo, un disagio che avrebbe portato gravi conseguenze.
Nel 1894 la Francia fu colpita da una grave crisi politica denominata “affare Dreyfus”. Alfred Dreyfus era un capitano dell’esercito di origine ebraica che fu accusato di spionaggio senza reali prove a suo carico. Scoperta più tardi la frettolosità con cui era stato trattato l’affare, l’esercito e l’opinione pubblica nazionalista, supportati dal clero francese, si opposero ad una revisione del processo, per non danneggiare le istituzioni.
Contro di essi si scagliò il romanziere Emile Zola, con il suo celebre articolo “J’accuse”, nel quale condannava tutte le più alte cariche militari di voler trattenere in carcere un innocente e soprattutto di voler attentare ai principi della legalità.

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