Machiavelli
Machiavelli ruppe con la tradizione medievalista, riconobbe le esigenze dell’individuo, e auspicò un sistema di governo che armonizzasse la volontà del sovrano con quella dei cittadini.
Il mondo politico dei secoli precedenti a Machiavelli aveva risentito profondamente del pensiero di Sant’ Agostino che aveva radicalmente separato il mondo materiale, considerato fonte di ogni male, da quello divino. Tale modo di pensare portò ad un ridimensionamento del ruolo dell’essere umano, alla disgregazione dello stato, del diritto, del bene comune, e di conseguenza ad una crescita del ruolo della Chiesa. Nel Medio Evo la Chiesa godeva di un enorme prestigio, deteneva il monopolio della cultura e rappresentava l’istituzione in grado di dare legittimità ai sovrani, la situazione nei secoli successivi conobbe dei cambiamenti, ma al tempo stesso la struttura organizzativa della Chiesa si andava rafforzando, e attraverso la Santa Inquisizione era in grado di condizionare il mondo della cultura.
Le qualità che, secondo Machiavelli, deve possedere un principe ideale sono:
- la disponibilità di imitare il comportamento di grandi uomini, es. quelli dell'Antica Roma
- la capacità di mostrare la necessità di un governo per il benessere del popolo, es. illustrando le conseguenze di un'oclocrazia
- il comando sull'arte della guerra - per la sopravvivenza dello stato
- la capacità di comprendere che il male simulato può essere essenziale per mantenere stabilità e potere
- la prudenza
- la saggezza di cercare consigli soltanto quando è necessario
- la capacità di essere "simulatore e gran dissimulatore"
- il totale controllo della fortuna attraverso la virtù (met. fiume = fortuna; virtù = argini)
Niccolò Machiavelli inaugura una rivoluzione metodologica, oltre che culturale: La comprensione storica diviene base per l'azione, per un'arte della politica che trasformi consapevolmente la realtà; e la scienza della politica, che dalla storia trae alimento, trova nel riscontro fattuale della sua utilità, nell’efficacia dei mezzi da essa indicati in vista di fini concretamente perseguibili, la sua ineludibile verifica. Per comprendere le dinamiche che regolano i fenomeni politici, sostiene Machiavelli, occorre attenersi alla "verità effettuale della cosa", quale essa è, vista frontalmente e senza imbellettamenti; e l'agire politico va descritto e analizzato qual è, e non per come vorremmo che fosse.
Machiavelli stesso dichiara di aver tratto i materiali della sua riflessione teorica dalla "perenne lezione" della storia (le esperienze politiche degli uomini della repubblica romana tramandata da Livio e Polibio), e dalla "lunga esperienza delle cose moderne" accumulata nei quindici anni trascorsi "a studio all'arte dello stato".
Xkè gli Stati crollano?
A causa dell’instabilità del mondo politico. Machiavelli apprendeva da Polibio la teoria dell’ancyclosis, ossia la dottrina ciclica delle forme di governo, x cui da quelle buone (monarchia, aristocrazia, democrazia) si passa alle corrispettive forme cattiva (tirannide, oligarchia, anarchia) in un fatale e sempre uguale ciclo di nascita, sviluppo e decadenza.
Secondo Polibio, il disordine politico successivo all’instaurazione di un regime oclocratico può essere risolto solo ritornando alla monarchia.
C’è un passaggio delicato della riflessione di Machiavelli: “quasi nessuna repubblica può essere di tanta vita, che possa passare molte volte per queste mutazioni, e rimanere in piede, xkè diviene preda di uno vicino”, ossia quasi nessuna repubblica può ripercorrere indefinitamente il circolo dei governi, xkè quando uno stato scivola nella disgregazione e nella debolezza diventa preda di un vicino meglio ordinato e organizzato.
Parafrasando Polibio, Machiavelli ha trasformato il passaggio oclocrazia-barbarie-monarchia in un passaggio diretto licenza-principato, ke nn potrà attuarsi cm necessità del ciclo, ma proprio cm rottura di tale necessità.
Nella semantica machiavelliana, la politica spezza e interrompe la trama del divenire, anticipandone i punti critici. L'arte del governo, intesa come soluzione anticipata del conflitto, consiste nell'arretrare di fronte alla crisi, per superarla affrontandola da un punto medio più arretrato e con attrezzatura più adeguata.
In breve, la politica si rinnova ripercorrendo il passato.
E il presente è ridotto a conflitti dirimibili: governabili, per l'appunto. Il realismo della politica non espelle mai caos e disordine dalla dinamica dell'evoluzione sociale; anzi, in gran parte, caos e disordine sono positivamente assunti come fattori dal cui governo viene fatto discendere uno sviluppo migliorativo delle relazioni sociali.
Il 'politico', in Machiavelli, si situa alle soglie dell'impossibile: far vivere ciò che muore, ossia le forme del governo politico e le istituzioni del vivere politico. La politica si fa gestione del limite, gestione del passaggio di forma per un mutamento delle qualità.
Orientato verso un prudente relativismo storico, Machiavelli non esprime formule assolute: normalmente più stabile e duraturo è lo stato misto a base popolare e a struttura sociale gerarchica, fortemente centralizzato nel sistema di decisione politica e altrettanto disciplinato nel sistema di accesso al governo.
Sparta e la repubblica romana sono gli esempi + lampanti di questo tipo di stato, capace di mediare ed equilibrare le spinte opposte dei gruppi sociali, in particolare quelle dell’aristocrazia e dei ceti popolari urbani. Se questo sapiente equilibrio viene meno, subentrano le lotte di fazione, le virtù civiche si disgregano e lo stato va incontro alla rovina. II pericolo per lo stato non è dunque negli antagonismi, ma nell'incapacità di mediarli (x qst esalta Roma repubblicana).
“Il Principe”
È un trattato politico-militante sulla figura del perfetto principe. È suddiviso in 26 capitoli, e sviluppa 3 argomenti:
1- come si acquistano i principati
2- come si mantengono
3- xkè si perdono.
In un primo momento, secondo le intenzioni espresse da M. nella lettera al Vettori (1513), “il Principe” sarebbe stato dedicato a Giuliano de’ Medici; quando poi questi morì, lo dedica a Lorenzo.
La dedica rientra nella tradizione umanista di procurarsi il favore di un signore (captatio benevolentiae); a lui M. chiede di essere reintegrato nei suoi incarichi politici.
Nella dedica si hanno le linee fondamentali del pensiero politico di M: da un lato, una lunga esperienza delle imprese politiche contemporanee, e dall’altro una continua lettura critica delle grandi azioni compiute dai Romani o dai Greci.
Il pensiero politico di M. segue quindi il principio dell’imitazione umanistica: essendo i modelli dell’antichità perfetti, imitandoli, un principe nn dovrebbe fallire nella conquista del potere, dato ke gli uomini seguono delle costanti comportamentali ke attraversano i secoli. La lezione delle cose antiche serve cm norma critica x conoscere meglio le cose moderne.
M. dichiara ke la sua prosa nn è quella ampollosa e prolissa del suo tempo: essa è una prosa nervosa, scattante, rapida, essenziale, ke cerca di seguire la verità effettuale della cosa; e attraverso un principio tecnico della pittura, egli fa intendere ke l’aver scritto un trattato politico sul principe nn è presunzione in quanto il dislivello sociale favorisce la comprensione delle cose.
Alla base del pensiero di M, vi è la distinzione tra la politica e la morale (XV-XVIII).
X Machiavelli, nn è la politica in sé stessa da considerarsi scissa dalla morale, ma l’azione del principe, ke è costretto dalla necessità in quanto ciò ke conta è solo il bene dello Stato.
M. nn hai mai del tutto rinnegato la morale tradizionale e comune: il bene è sempre tale, in senso assoluto. Ma poiché egli metodologicamente cerca di seguire la “verità effettuale della cosa”, anziché “la immaginazione di essa”, egli arriva alla conclusione secondo cui la realtà positiva del fatto politico (l’essere) conta molto + del dover essere, in quanto ogni azione del principe deve mirare necessariamente al bene dello stato (è la sua virtù fondamentale).
Il dovere di controllare continuamente le circostanze ke possano mantenere il suo potere impone al principe il dovere di saper entrare nel male, laddove la necessità lo richieda. E poiché questa necessità è sempre presente quasi in ogni azione politica, il male sarà sempre parte della politica.
Ciò è legato al realismo storico del M., ke a sua volta è connesso con una concezione pessimistica dell’uomo, la cui indole cattiva è immutabile cm ogni altra cosa di natura. Ma il punto di partenza del pessimismo è soltanto un postulato, di cui il principe deve tener conto nella sua azione politica. In realtà, nn c’è una totale cattiveria umana, piuttosto sn le ragioni concrete della storia ke talvolta consentono il rispetto del bene e talvolta impongono l’uso del male.
X Machiavelli la morale si risolve nel preparare con esattezza tecnica ogni azione, al di là del bene e del male; cioè un’azione politica è buona o cattiva nn secondo il senso della morale cristiana, ma soltanto secondo il successo, ossia: se i mezzi sn adoperati secondo giusta tecnica politica, essi finiscono col giustificare il fine e il successo stesso (i mezzi intelligentemente adoperati giustificano il successo).
La morale ke conta è quella dell’umano operare, nn quella dell’umano giudicare in assoluto.
X esempio, nella sfera politica vi sn qualità, moralmente valide, ke potrebbero danneggiare il principe e lo stato, mentre vi sn qualità ke, pur distaccandosi dalla morale comune, potrebbero costituire valori positivi x il mantenimento dello Stato.
Inoltre, la sua capacità di essere simulatore e dissimulatore nn riguarda solo la sua politica estera, ma anche quella interna, nei confronti dei suoi sudditi, amici, alleati e sostenitori, dato ke Machiavelli sacrifica ogni etica alla salvezza dello Stato.
Il principato civile: quando un cittadino privato diviene principe della sua patria nn mediante la violenza ma attraverso il consenso dei suoi concittadini.
Si arriva a questo principato o con il favore del popolo o dei grandi, xkè il popolo nn desidera essere sottomesso dai grandi, e i secondi desiderano comandare e opprimere il popolo. Da questi 2 impulsi abbiamo 3 conseguenze: o il principato o la democrazia o l’anarchia.
Colui ke giunge al principato con il favore dei grandi, nn può governare a modo suo, e bisogna distinguere tra gli amici (di cui se ne deve servire) e i nemici (ke deve uccidere); colui ke giunge al principato con il consenso popolare deve mantenersi amico il popolo.
Fortuna: è la forza misteriosa e imprevedibile del caso, l'insieme degli eventi non prevedibili o determinabili dalla volontà, e il limite alla virtù dell’uomo.
Virtù: è la capacità tecnica e politica personale del principe, ke trascende qualsiasi significato morale tradizionale, xkè l’unico limite è dato dal successo.
Rapporto virtù-fortuna: Machiavelli ha una visione molto dinamica e dialettica dell’antitesi virtù-fortuna, in quanto l’una nn è mai possibile senza l’azione antitetica dell’altra. Le azioni umane sn solo x metà guidate dalla fortuna, e x l’altra dalla virtù umana. Machiavelli paragona la potenza della fortuna ad un fiume impetuoso e rovinoso, contro cui gli uomini virtuosi possono solo erigere argini a protezione e difesa contro l’impeto delle acque. M. introduce così la “teoria del riscontro”: un principe, di fronte ai continui cambiamenti della fortuna, deve adeguare il proprio comportamento alle situazioni storiche concrete in cui si trova ad agire.
Potrebbe ottenere sempre esito felice solo ki possedesse una natura così plastica da adattarsi a tutte le variabili circostanze; ma siccome ogni uomo ha determinate inclinazioni naturali dalle quali nn può deviare, ecco ke alla fine arbitra del successo è sempre la fortuna.
Soltanto gli impetuosi riescono a dominare la fortuna, xkè è donna, e cm tale va sottomessa.
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