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sabato 18 settembre 2010

La cinematica ( fisica)

La cinematica è quel ramo della fisica che si occupa di descrivere quantitativamente il moto dei corpi, senza porsi il problema di prevedere il moto futuro a partire da grandezze note. In ciò differisce dalla dinamica che studia le forze che provocano il movimento. È significativa la definizione di cinematica come geometria del movimento: in effetti la cinematica del punto si può pensare come geometria dello spazio quadridimensionale delle tre coordinate spaziali e della coordinata temporale.

Il movimento in una prima approssimazione è uno spostamento che avviene più o meno rapidamente nello spazio e nel tempo, seguendo una certa traiettoria.
Per trattare la cinematica occorre iniziare dallo studio del movimento di un corpo puntiforme, cioè di un oggetto di estensione tanto ridotta da poter essere rappresentato da un punto materiale; solo successivamente si possono studiare sistemi più complessi come fluidi e corpi rigidi.
Nella cinematica del corpo puntiforme l'oggetto in movimento si semplifica in un punto dello spazio tridimensionale che ad ogni istante t viene individuato dalle coordinate spaziali (x, y, z) misurate in un sistema di riferimento cartesiano; alternativamente, se il punto materiale si muove su di una traiettoria definita a-priori, è sufficiente introdurre un'ascissa curvilinea: in questo caso la posizione è univocamente definita dal solo parametro temporale tramite una legge oraria. Occorre anche indicare quando si è fatta la misura, al fine si sapere quanto tempo impiega il corpo per spostarsi da una posizione all’altra. Questo è un primo indizio del fatto che tutto si propaga in un continuo a 4 dimensioni (x, y, z, t), il cui significato si intuisce osservando che non ha senso dire dove si trova un oggetto senza dire quando vi si trova, e viceversa. Coordinate spazio-temporali definiscono un evento: la cinematica è una geometria spaziotemporale. Occorre assolutamente puntualizzare le proprietà dello spazio dei fenomeni, in quanto da queste dipende la possibilità di avere delle descrizioni invarianti rispetto alla posizione e al tempo.
Questo consente di studiare la cinematica servendosi essenzialmente della geometria analitica e dei vettori applicati.
L'utilizzo della geometria analitica è collegato alle caratteristiche intrinseche che sono attribuite allo spazio in cui avvengono i fenomeni cinematici, quelle di essere isotropo ed omogeneo. Inoltre si è considerato il tempo come una grandezza indipendente dallo spazio e anch'essa omogenea. Questi sono gli assunti della cinematica classica che si sono basati sull'evidenza delle esperienze e non sono stati posti in dubbio fino alla fine del XIX secolo.
Quindi classicamente le leggi cinematiche sono invarianti rispetto a traslazioni, spaziali e temporali, e a rotazioni; questo consente di cambiare il sistema di riferimento e di scegliere il più adeguato a trattare le singole situazioni.
Nella cinematica non si può utilizzare una concezione intuitiva di spazio e tempo. Nella concezione di Newton, accettata dalla meccanica classica, esiste uno spazio vuoto, riempito dagli oggetti. Per la fisica moderna non esiste spazio vuoto. È riempito di materia e antimateria che si produce e si annichila continuamente, in tempi brevissimi, inversamente proporzionali alla massa prodotta ed è deformato dal campo gravitazionale. Per evitare le difficoltà connesse con la definizione dei concetti di spazio e tempo, si ricorre al concetto di definizione operativa (Bridgman, 1927). Bridgman ha proposto di definire le grandezze tramite le operazioni standard fatte per ottenerne una misura. Questa si dice definizione operativa delle grandezze ed evita di dover definire l’essenza delle grandezze. Una misura, pertanto, è un numero reale che dice quante volte l’unità di misura è compresa nella particolare grandezza che viene misurata. Il numero da solo, non accompagnato dall’unità di misura, è privo di significato. In questo modo le operazioni matematiche su grandezze vengono eseguite sui numeri che rappresentano le loro misure, ricordando a parte le dimensioni delle grandezze. Una distanza è la grandezza che si misura con un regolo standard. Il tempo è la grandezza che si misura con l’orologio.

La simmetria per traslazione negli spazi mono, bi e tridimensionali assicurano l’omogeneità di tali spazi. Omogeneità esprime il fatto che ogni punto è equivalente a un altro al quale viene a sovrapporsi per traslazione. Quindi tutti i punti dello spazio considerato sono equivalenti. A tutti i fini pratici lo spazio fisico è omogeneo. Lo dimostra l’invariare delle leggi fisiche per traslazioni nello spazio e nel tempo. Il fatto che le leggi siano invarianti anche rispetto a rotazioni dice che non esistono direzioni diverse dalle altre e che quindi l’omogeneità si estende in tutte le direzioni: lo spazio fisico è quindi anche isotropo. Omogeneità e isotropia dello spazio sono ipotesi fondamentali alla base della teoria della relatività speciale. Le osservazioni hanno dato origine a leggi di invarianza mai smentite, al punto che si sono potute porre come principi alla base di una nuova teoria, la relatività speciale, che ha sostituito la meccanica classica newtoniana

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